ProgettaMI è stato ideato nell’anno 2007, nell’ambito del Piano di Zona-Sottotavolo tematico “disabili”, con l’obiettivo di dare una risposta alla pressante richiesta di numerose famiglie di avviare percorsi sperimentali di emancipazione dei propri figli e di costruire una rete integrata di servizi volti alla preparazione del dopo di noi attraverso il durante noi.
L’ente pubblico, le famiglie e gli enti gestori hanno raccolto la richiesta e insieme individuato la necessità di pensare a modelli di ambienti residenziali simili a quelli di una casa e concepire, di conseguenza, criteri di gestione elastici, basati su rapporti di prossimità e non più compressi in schemi rigidi e caratterizzati da aspetti assistenzialistici.
Un forte cambiamento di rotta, orientato ad integrare le soluzioni abitative esistenti con progetti rispettosi della persona, nello spirito dell’art. 19 della Convenzione ONU per le persone con disabilità.
Il Progetto è stato poi approvato e sostenuto dal Comune di Milano e dalla Fondazione CARIPLO e nel 2010 si sono avviate le azioni previste che ad oggi sono ancora operative.
L’attivazione di tutte le risorse territoriali, pubbliche e private, è stata l’elemento sostanziale che ha permesso di avviare una sperimentazione potenzialmente innovativa su tutto il sistema residenziale della città di Milano. Il Progetto è stato condotto dal Gruppo dei rappresentanti delle diverse tipologie di soggetti presenti al Sottotavolo tematico ‘disabili’ e, a suo tempo, nominati: LEDHA Milano, Consorzio SiR e Fondazione Idea Vita alla quale sono state assegnate le azioni di Sensibilizzazione delle famiglie, quelle di Sensibilizzazione degli operatori di residenza e l’attività di Monitoraggio dei percorsi sperimentali di emancipazione delle persone con disabilità presso le case nelle quali si svolgono.
ProgettaMi in sintesi si proponeva di:
- diffondere presso le famiglie e nelle Associazioni di famiglie una cultura che contempli una progettualità rispetto al tema casa e vita adulta indipendente del proprio figlio con disabilità
- creare le condizioni affinché tutti gli attori del territorio, pubblici e privati, che agiscono nell’ambito della disabilità e dei servizi alla persona siano pronti ad intercettare la disponibilità della famiglia ad affrontare questo tema e sappiano affiancarla con modalità e strumenti idonei e alla portata della famiglia stessa .
Nel 2014 “ProgettaMi … verso la presa in carico!” ha condotto un percorso di ricerca, un’attività di follow up delle persone con disabilità e dei loro familiari, per raccogliere dati sugli effetti, nel tempo, della sperimentazione di un periodo di vita al di fuori della famiglia.
Il gruppo di ricerca ha visto la partecipazione anche di due rappresentanti dell’equipe di Monitoraggio della Fondazione Idea Vita.
Le domande che ci siamo posti sono state:
- A cosa “serve” sperimentare la vita fuori dalla famiglia per una persona con disabilità intellettiva?
42 persone con disabilità e 48 familiari hanno accettato il nostro invito ad accompagnarci nella ricerca ed hanno risposto alle nostre domande.
La prima risposta che ci è arrivata è stata questa: “Siamo capaci di dire la nostra opinione con chiarezza.” Conferma che non è il quoziente intellettivo a ridurre il diritto all’autodeterminazione, ma si tratta di individuare gli strumenti per poter consentire a tutti e ad ognuno di “dare voce alla propria voce”.
La seconda risposta che abbiamo ottenuto da tutti è stata che la “sperimentazione della residenzialità è stata una bella esperienza”. E’ piaciuta a tutti, a chi più e a chi …. ancora di più!
Non era una risposta scontata. Per molti (quasi il 70%) è stata la prima vera esperienza di vita senza i famigliari. Uscire dalla casa dei propri genitori, per la prima volta, (soprattutto in età adulta) non è facile per nessuno, tanto più se si vive una condizione di dipendenza per la propria sopravvivenza dai propri familiari. Evidentemente questa è una proposta che intercetta un bisogno profondo delle persone. Evidentemente il “metodo ProgettaMi”, che vede il concorso di operatori pubblici , del privato sociale, dei servizi sociali e del mondo educativo e dei monitori super partes è riuscito a mettere nelle condizioni le persone con disabilità coinvolte di buttarsi in questa avventura, sentendosi in buona compagnia.
- Cosa è piaciuto?
E’ piaciuta la possibilità di non sentirsi più solo “figli” e non solo “ospiti”: di poter vivere nella “mia” casa, insieme ai “miei” amici, nella “mia” città, di poter pensare al “mio” futuro: alla “mia” vita da grande, ai “miei progetti”, alla “mia” libertà.
Tutti hanno capito che non si è trattata di una “vacanza” ma di una esperienza significativa. Durante e dopo la “sperimentazione” ci si sente più uomini e più donne, più capaci, con più fiducia nelle proprie possibilità. E così si può iniziare a pensare a come si vive e a come si vorrebbe vivere, a dove si vorrebbe vivere, a cosa da fare da “più grandi”. E’ stato interessante notare come, con qualche sfumatura ovviamente diversa, anche i familiari hanno confermato che l’esperienza non è stata solo “bella” (che già non è poco) ma che è servita a far diventare, ai loro occhi, i loro figli un po’ più grandi, un po’ meno bambini.
- Cosa è cambiato?
Che qualcosa sia cambiato è stato dichiarato da tutti. Cosa effettivamente sia e stia cambiando può essere un oggetto ancora di discussione. A nostro modo di vedere grazie alle “sperimentazioni di ProgettaMi” il mondo delle persone con disabilità coinvolte è diventato “più largo”.
Si è allargato il tempo: l’esperienza sostiene il desiderio di pensare alla propria vita come ad una serie di opportunità tra cui scegliere per decidere il proprio futuro e non più solo come ad un presente a cui rimanere attaccati per non pensare ad un “dopo” che mette paura. Si è allargato lo spazio: non più solo la casa dei miei e il mio “centro”. Lo spazio di vita si è allargato a pezzi della città, a nuove relazioni, a nuove esperienze. Si può quindi iniziare a progettare il proprio futuro (prossimo?) fuori dalla casa dei genitori… e qualcuno ha già iniziato a farlo.